Il termine “vino” evoca un mondo ricco di storia, tradizione, cultura, sensazioni. Si tratta di una bevanda che “accompagna” l’uomo da millenni, probabilmente da qualche millennio dopo la comparsa delle prime civiltà del neolitico (circa V millennio A.C.).

Secondo  le più accreditate ricostruzioni, il vino compare a sud est del Caucaso, per poi migrare verso occidente, sebbene la recente scoperta in Sicilia all’interno di un’anfora di resti di vino risalenti al IV millennio avanti Cristo viene a mettere in qualche modo in questione quella ipotesi.

Gocce di Storia

COME SI BEVEVA IN SICILIA
Qui illustriamo, attraverso fonti iconografiche spesso coeve, il mondo del vino in Sicilia in epoca classica (V – IV sec. A. C.).

La vigna
Poche immagini ci restano di vigneti, ed esse in genere rappresentano viti coltivate arrampicate su alberi o su un sostegno alto o a pergola, molto piu’ raramente viti a portamento basso, in altri casi sembrerebbero coltivate intrecciate, forse per darsi mutuo sostegno.

Il palmento
Le uve era spesso pigiate nei vigneti stessi in piccoli pigiatoi mobili costruiti in legno, a meno che un vigneto di cospicue dimensioni non fosse adiacente a siti dove si potevano utilizzare altre risorse ambientali. Il mosto fermentava in grandi vasi di creta, detti pithoi.


Palmento scavato nella roccia. Sicilia circa IV sec. A.C.

Il trasporto del vino
Finito il tempo della vinificazione (o forse talvolta solo quello della pigiatura), il vino era trasportato in anfore per le lontane destinazioni. Esistono diversi tipi di anfore, ma col tempo esse presero dimensioni e forme standard, in modo da essere piu’ facilmente trasportabili, come, per esempio, di seguito:

Stivaggio tipo.

Per le distanze brevi si usavano otri, contenitori in pelle di bue o di capra, come per esempio di seguito:


Traporto di otri su carro. Mosaico III sec. Nea Paphos, Cipro

Satiro con otre e corno a uso di bicchiere.

Vigneto a pergola, in alto, e a alberello, in basso. Mosaico (Cherchell, Algeria)
Anfora, circolo di Exekia, fine VI sec. A.C., Boston
Anfora, Pittore di Amasis, fine VI sec. A.C. , Würzburg, Germania.

La conservazione
A casa o comunque nei locali di consumo, il vino era tenuto in grandi contenitori di argilla, spesso interrati, detti pithoi.

Pithos, per la lunga conservazione del vino.

Il consumo (il simposio)
I  Greci, e quindi anche quelli di Sicilia, detti Sikelioti, avevano altamente “ritualizzato” il momento del consumo sociale del vino, che era altra cosa da quello bevuto durante il pasto vero e proprio.
Questo momento di socializzazione (piu’ o meno ampia) era quella del cosiddetto simposio, che si teneva in uno spazio apposito della casa. Durante il simposio si parlava di politica, si eseguivano spettacoli, ci si distraeva in vari modi, secondo lo stile della casa.

Un tipico triclinio (Kylix, inizi V sec. A.C., Boston, Usa).

I partecipanti stavano nel triclinio, semisdraiati su appositi letti, secondo una moda di origine orientale.
Il vino in antico non si beveva puro, anzi era reputata un’usanza barbara quella di bere vino non mescolato ad acqua.

Era usata un’ampia varieta’ di suppellettili per il consumo del vino di inarrivabile grazia eleganza.

Oltre al vino, portato negli otri, serviva un recipiente per l’acqua chiamata idria, di solito di medie dimensioni.

Idria, Dioniso affidato alle Ninfe del monte Nisa.

I due liquidi erano mescolati, in varie proporzioni, secondo che decideva il maestro di cerimonia, in un recipiente detto cratere.

Cratere. Satiro fra menadi. Sicilia fine IV sec., attribuito al Gruppo di Lentini. Cambridge

Quando necessario, il vino si faceva raffreddare immergendo un contenitore, detto psykter, pieno di vino nella neve.

Psykter. Inizi V sec. A.C. , Douris. Londra

Tramite una piccola anfora, detta oinochoe, veniva versato nella coppa degli ospiti.


Oinochoe, Dioniso, Pittore di Atene, inizi VI sec. A.C., Boston

Le coppe assunsero nel corso del tempo diverse forme, anche molto diverse fra loro.

                                                

Il Kottabos

Durante il simposio
Una delle attivita’ preferite durante il simposio era il gioco del kotabbos, si pensa inventato dai Siculi (che precedettero i Greci nell’Isola) e poi espanso in tutto il mondo ellenico. Il gioco consisteva nel colpire un bersaglio con il vino rimasto in fondo alla kylix.

Affresco, Tomba del Tuffatore, Paestum, inizi V sec. A.C.

Il pagamento del vino
Il vino era molto caro nell’antichita’ greca, un consumo di lusso.
Quando ancora vigeva il baratto (prima del VI secolo), con un’anfora di vino (circa 25 litri) si acquistava uno schiavo. In termini monetari, facendo un calcolo molto approssimativo, possiamo dire che nel quinto/quarto secolo A.C. il prezzo del vino variava da 25 a 100 euro al litro con punte di 200.
Il vino era talmente importante che molte citta’ sikeliote (cosi’ si chiamavano le citta’ siculo-greche), coniarono monete con impressi grappoli d’uva o immagini connesse al mondo del vino, a sottolinearne l’importanza economico-sociale.
Questa la prima e davvero raffinata moneta coniata a Naxos, nei pressi dell’odierna Taormina.

Naxos, fine del VI sec. A. C., dracma d’argento. Dioniso al recto, grappolo al verso.

Dioniso, Il dio del vino.
E’ difficile esprimere efficacemente l’importanza che Dioniso, con il seguito, acquista nel mondo antico dall’epoca greca arcaica fino ai tempi del basso impero romano, esemplifichiamo dicendo che egli, pur essendo nato da una mortale (Semele), spodesta la dea Estia dall’Olimpo.

Dall’arte, alla religione, alla vita quotidiana, al lavoro, al mondo dei defunti, tanto era legato al mondo dionisiaco (accanto a lui, stavano la sposa Arianna, il vecchio Pan e poi i satiri, le menadi e i suoi animali (la pantera, l’asino etc.).